Vivere da atea in un Paese fortemente cattolico

Autore: | Pubblicato in Pensieri sparsi 3 Commenti

Ha destato parecchio scalpore la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che ha sancito “che la presenza dei crocifissi nelle aule può facilmente essere interpretata dai ragazzi di ogni età come un evidente “segno religioso” e, dunque, potrebbe condizionarli. E se questo condizionamento può essere di “incoraggiamento” per i bambini già cattolici, può invece “disturbare” quelli di altre religioni o gli atei”; ha, quindi, dato ragione a “Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia e socia dell’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti)”, che aveva ricorso al tribunale europeo, “stabilendo inoltre che il governo italiano debba pagare alla donna un risarcimento di cinquemila euro per danni morali”.

Insomma, la Corte di Strasburgo ha stabilito che “la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche è “una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni””.

Ora, indubbiamente ho trovato questa sentenza assolutamente giusta e molto intelligente, direi lungimirante. In un continente come quello europeo, in cui la popolazione islamica è in continua crescita, seconda per numero di fedeli solo al cristianesimo, per non tralasciare poi le conquiste storiche del laicismo a partire dall’Illuminismo, portare avanti l’ennesima crociata è quanto meno ridicolo. Avrei persino da ridire sul fervore cattolico italiano: certo i padri della nostra nazione, quando nel Risorgimento infuriava il più radicale degli anticlericalismi, sarebbero inorriditi di fronte ai Patti Lateranensi fascisti, ribaditi da un altro discutibile statista, Bettino Craxi.

Questa levata di scudi crociati ha il sapore del servilismo della politica italiana verso la Chiesa cattolica, oltre ad un nauseante odore di propaganda.

Non mi voglio però, troppo soffermare su generici ritrovati storici e filosofico – politici. Piuttosto, avrei da raccontare la mia esperienza, ovvero come vive un ateo in Paese di continue e forti pressioni della Chiesa.

I miei genitori, atei per scelta, non hanno battezzato nessuno dei figli e nessuno dei figli ha mai sentito la necessità di ricevere alcun sacramento. Quando ero bambina, la cosa incuriosiva moltissimo gli altri compagni di scuola, che non sapevano come rapportarsi con me, vista per loro la inconcepibilità del fattore ateismo. E trovavano inoltre la mia scelta poco utile ai fini del più importante scopo della Comunione: i regali!

I miei genitori si sono sempre dovuti adeguare ad una società fortemente cristiana, soprattutto ai fini commerciali: il Natale, ad esempio, è stato sempre festeggiato come momento di unione familiare e, in età infantile, si è sempre data molta importanza all’aspetto dei regali, dei giochi e delle grandi abbuffate, quest’ultime ancora assai apprezzate.

Alla scuola materna il cattolicesimo pullulava in ogni forma ed invadeva la nostra infanzia: canzoni, preghiere prima del pasto, e disegni. Ecco, ricordo che un’intera giornata fu dedicata all’angelo custode. Così tornai a casa inventando una sorta di “amico invisibile con le ali”. Dissi allora a mia madre, mentre mi cambiava, che un angelo stava appollaiato sull’armadio, del resto la maestra ci aveva rassicurato che “tutti hanno un angelo custode, sempre con sé”. Mia madre rise e affermò molto divertita che gli angeli non esistono. La cosa non mi sorprese, né mi deluse, poiché sapevo bene che era tutto frutto della mia fantasia. In compenso fu molto drammatico scoprire l’inesistenza del ciccione lappone.

Fino alle scuole medie, frequentavo le lezioni di religione poiché certo, non potevano lasciarmi buttata per strada, a quell’età, per cui ritenevano che stare in classe sarebbe stato meno pericoloso.

Giunta al primo anno del liceo scientifico, imposi la scelta di non frequentare più le lezioni di religione, ma continuavo a sostare negli anditi, discutendo di dio con i bidelli. Così, un’insegnante laica di religione, un giorno m’invitò in classe, ritenendo più edificante per tutti, discutere con me del mio “non credere”, come lo chiamavano loro. Purtroppo le persone intelligenti sono rare al mondo, così, dopo qualche tempo, la signora fu sostituita da un sacerdote che m’intimò di uscire in quanto non avevo preso nessuno dei sacramenti e non avevo nessuna intenzione di convertirmi. Nelle successive lezioni degli anni seguenti, a detta dei compagni, la mia scelta fu messa all’indice e il dito inquisitore sentenziò la mia condanna all’inferno. Per mia fortuna i roghi erano scomparsi da un pezzo.

Io continuai a non scompormi, prediligendo utilizzare quell’ora per copiare gli esercizi di inglese, di francese e di latino.

Finalmente, all’Università, scomparvero i simboli religiosi e con essi, molte letture demagogiche e filo clericali. A chi dice che in fondo il crocefisso non fa male a nessuno, che è un simbolo come un altro, messo là a prender polvere e che non lede certo le minoranze religiose, beh, dimentica cosa significa quel crocefisso: è l’emblema della sudditanza politica alla Chiesa cattolica, e sapevo bene allora, da bambina, e sempre più crescendo, che finché quel crocefisso sarebbe stato lì appeso, la mia diversità sarebbe stata un fardello da giustificare.

Ancora di più lo dimenticano certi cristiani con il giudizio facile magari, agghindandosi con ori e argenti, brillanti e diamanti ad arricchire quella croce, che è un simbolo di morte, sofferenza, passione, calvario. È un monito, che ricorda ogni giorno a tutti che un uomo è morto per le sue idee, eppure prevale la vanità.

A chi mi dice “ma come fai a non credere in niente?”, rispondo fermamente, “Non è vero che non credo in niente, io credo in un’assenza!”. Credo nella capacità umana di emanciparsi dallo status quo, credo nell’uomo come parte di una comunità, diffido delle culture, anche religiose, che predicano forme d’individualismo, detesto ogni potere che si dice fondato su qualche divinità.

Io credo, davvero.

S.C.

Comments
  1. Posted by Paolo
  2. Posted by angelo
  3. Posted by Massimo

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