Una sera a Creazzo…
Una sera come tante in questa Vicenza immersa nella nebbia. Percorro la città, non amo prendere la tangenziale, preferisco godermi questa Vicenza sommessa, che solo le luci dei lampioni e delle insegne rischiarano un poco, mentre ancora qualche bicicletta taglia la nebbia con le sue ruote strette come feritoie.
Lei è giunta stamane dalla Sardegna, semplici ragioni lavorative, e ci ritagliamo un piccolo spazio tra il meeting e la cena.
Ho fretta, Vicenza Ovest non è mai stata così lontana, corso SS. Felice e Fortunato pare non finire mai, ma eccomi, superata Vicenza, m’immetto nella strada padana per Verona e arrivo finalmente a Creazzo.
Nella hall dell’albergo l’attendo, m’appare appena dischiuse le porte dell’ascensore: è lei, la riconosco e già mi pare di tornare alle nostre uscite cagliaritane, alle nostre cene, ai nostri gelati gustati in qualche terrazza cittadina nel periodo estivo.
«Prendi un aperitivo?», domando io.
«No grazie, sono in piedi dalle tre di stamattina, sono un po’ nauseata», mi risponde allora, e continua: «tu piuttosto, prendi quello che vuoi».
«Prenderò un prosecco allora» dico io per non tirarmi indietro, «Sai, abitudini venete …».
«Hai capito!» esclama lei sorridendo, con una vena di sarcasmo.
I discorsi si ripetono, salute, lavoro, vita di coppia; c’è una sensazione angosciante di qualcosa che sta per finire, una clessidra giunta agli ultimi granelli, le lancette di un orologio che sta per suonare il chiudersi di quell’incontro.
Si è fatto tardi, lei mi accompagna alla macchina, mentre si stringe forte nel cappotto: «Che freddo! Ma come fai, tu non lo senti?»
«Ci sono più abituata, del resto sei tu che stai venendo dall’Africa, anzi, non c’è da lamentarsi stasera. Poi io non soffro il freddo, in ufficio solo l’unica che non si lamenta mai per il clima».
Si torna a casa, dall’altra parte della città, Vicenza Est. Prima di addormentarmi mando un SMS: «Che tristezza vedersi solo il tempo di rendersi conto che saremo nuovamente lontane». S.C.