Se anche il Veneto trema

Ieri mi sono alzata come ogni mattina alle 6:30, ho fatto la mia sana colazione e mi sono preparata per andare in ufficio. Verso le 8:00 sono salita in auto, ho acceso l’autoradio, gli anabbaglianti e ho tagliato per strada di Settecà verso Torri di Quartesolo. Il mais cresce rigoglioso ai lati, il sole è già alto, l’estate si affaccia tra i campanili e i capannoni. Superato Piramidi, il grande centro commerciale vicentino, proseguo per la strada padana verso Padova. Attraverso il paese di Vancimuglio, il territorio di Grumolo delle Abadesse, la frazione di Barbano e infine entro a Grisignano di Zocco, per girare a destra verso Montegalda. Il solito percorso, il solito orario, i soliti bilici che fanno manovra, avvicinandosi al deposito, il solito buongiorno appena arrivata in ufficio.

Ma ecco, sono circa le nove e una scossa tremenda di terremoto getta i colleghi nel panico e ci rechiamo velocemente in cortile.

Non so come mai, ma la verità è che per me il terremoto è una cosa nuova e la vivo, come tutte le cose nuove che mi capitano, con entusiasmo. Anche quella notte, una settimana prima circa, quando il terremoto ci svegliò alle 4:05 del mattino e pensavo a quale giacca sarebbe stata meglio indossare se fossimo dovuti uscire di casa, protraendosi la scossa, e a ripetersi alle 5.00, appena preso sonno. Per una settimana mi svegliai alle 4.05 ogni notte, non perché ne avessi subito un trauma, ma piuttosto perché questa calamità ha il potere di stravolgere il ciclo sonno-veglia e di invadere i tuoi bioritmi.

Il fatto è che Vicenza, Padova e ancora di più Rovigo, stanno proprio un pelo più su della famosa faglia che sta travolgendo l’Emilia: il Veneto siede pacatamente sulla polveriera emiliana.

Una volta tornati in ufficio è un via vai di telefonate ai parenti fino al sesto grado, con le colleghe che si organizzano per capire come raggiungere i propri figli e se le scuole sono state chiuse. Insomma, tutti fremono tranne me, che mi godo la scena con il solito occhio curioso della scrittrice. Il sindaco Variati annuncia a mezzo stampa che alcune scuole di Vicenza verranno chiuse e parte l’allerta cittadina.

Intanto, mentre noi lavoriamo, le vibrazioni continuano sotto le suole, e quando tutti gli altri escono per la pausa pranzo, io e il tecnico dei computer, venuto in mattinata per cambiarci i pc con i nuovi, ben più aggiornati, restiamo nella stanza. Io avevo già mangiato, mentre i lavori in corso mi costringevano ad anticipare la pausa e a fermarmi. All’una, un’altra forte scossa scuote le scrivanie. Io sono alla stampante e il tecnico mi guarda spaurito, cercando di attirare la mia attenzione: «Scusa!», mi dice allora. Io, con una calma spaventosa, aspetto che la scossa termini e prendo i documenti che cercavo. Mi giro a quel punto verso il tecnico, pietrificato dalla paura, e annuendo, sorrido e confermo: «Sì, era il terremoto, vedrà ne farà altre, sono scosse di assestamento, se dovessero essere particolarmente forti, quella è l’uscita», dico indicando la porta con tanto di maniglione antipanico.

Mi lascia sempre più basita la mia calma assoluta, il mio cinismo, il mio fatalismo: del resto cosa mi può succedere, ho già una malattia inguaribile e delle disabilità permanenti, se dovesse arrivare la morte, beh, doveva succedere, come sono arrivate le altre cose, e del resto il panico in queste occasioni non è mai stato utile. Brutale, impressionante, mi disgusto di me stessa. Eppure si deve diventare così dopo tanti anni di malattia.

Per tutta la giornata la terra ha continuano impercettibilmente a tremare, e se non me lo hanno riferito direttamente i sensi, a dirmelo è stato il cerchio alla testa, lo stordimento, la nausea, mi pareva di avere il mal di mare. Alcuni dei colleghi e degli autotrasportatori hanno gli stessi sintomi, ci sono soggetti più sensibili a questi movimenti del sottosuolo, agli spostamenti pur piccoli della terra. Io sono tra questi e sono tornata a casa stravolta.

Stanotte non ho dormito, anche se non ho avvertito nulla, stamattina sul giornale leggo però che ci sono state altre 50 scosse, ecco, non lo senti, ma ti disturba il sonno. E come se non bastasse, una “bella notizia”: lo sciame sismico potrebbe durare per anni. Che culo! S.C.

 

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  1. Posted by rina sau

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