La vita viene prima (4)
“Ciò che scrivo in questo foglio non è affatto una confessione; a chi mi dovrei confessare? Non racconto tutto di me stesso. Racconto solamente ciò che mi fa piacere raccontare; ma non dico niente che non sia vero. Io non riesco a scacciare via con una menzogna la miseria della mia anima, se è davvero misera”
Hjalmar Söderberg, Doktor Glas, 1905
Luca (nome di fantasia) mi contatta per scambiare quattro chiacchiere ed avere un’ulteriore opinione sulla scelta che si appresta a fare. Dopo numerose ricadute e dunque una forte attività della malattia, si è deciso con il neurologo di interrompere la terapia attualmente in uso e di utilizzare qualcosa di più “aggressivo”. La scelta cade su tre farmaci, due chemioterapici e il Tysabri.
Luca è informato, conosce gli effetti collaterali, me li elenca, mi fa un calcolo razionale confrontando costi e benefici. Ha tutti gli strumenti per scegliere, eppure vuole sapere il mio parere, non perché avrà alcuna influenza sulla sua scelta, ma perché così ci si sente meno soli e quell’angoscia che contraddistingue questi momenti si fa più lieve.
Per me è un déjà vu e la mia risposta è lapidaria: «Tu solo puoi scegliere!». Questo Luca lo sa, ma vuole la mia opinione che finisce inevitabilmente per avere un tono ironico: «Qui la scelta è veramente difficile, di che morte vuoi morire? Io a suo tempo scelsi il Tysabri, forse sarebbe stato meglio scegliere un bicchiere d’acqua fresca o del tè verde, sarebbe stato più salutare. Ma lo dico con il senno di poi, durante la terapia sono stata benissimo per un anno e mezzo, a parte il piccolo particolare che rischiavo di morire di PML. Io allora fui perentoria: “NO, io non mi sento più curata, mi sento torturata”. Così ho deciso che non avrei più fatto alcuna di queste terapie devastanti, che la mia vita viene prima, ecco ricordati sempre, perché nessuno ci guarisce, nessuno ci risolve una mazza, la vita viene prima e la salute non è attaccarsi a una flebo, è un insieme di cose. Ma questa è la mia storia, il mio percorso, oggi faccio scelte terapeutiche molto differenti da quelle che ci hanno inculcato come il non plus ultra della medicina, partendo dalla consapevolezza che dovrò convivere con la malattia, ma ci voglio convivere come dico io, in grazia di Dio, con dignità, non sopravvivendo, sperando che forse non mi siederò su una sedia a rotelle, non ho più paura di questo, ho più paura di farmi ammazzare dal loro entusiasmo da scienziati. Per cui, ora tocca a te, devi fare il tuo percorso, compiere la tua storia, è una decisione che spetta a te».
Luca risponde alla mia lettera con queste parole: «Cara amica, ti ringrazio infinitamente per l’avermi risposto con questo commovente, messaggio ricco di vita, determinazione, lucidità, sana rabbia, realismo e forza. Sto sempre di più rendendomi conto che la nostra strada, non solo è in salita, con macigni che arrivano dall’alto ad ostacolare il proseguo nel percorso, ma per di più, ai bordi della strada in ripida salita, non vediamo alternarsi di rose e fiori, ma bensì di tante spine».
Prosegue parlandomi di come sta affrontando questa scelta, soppesando, punto per punto, i pro e i contro, facendo un bilancio della sua vita e della sua malattia.
Io rispondo così: «Bisogna ricominciare dal concetto di salute e la mia è una scelta soprattutto politica, oltre che terapeutica. Penso che la nostra salute passi per una vita sana, senza eccessi tipo fumo e alcool, ci vuole esercizio fisico e riabilitazione, una vita affettiva e sessuale soddisfacente, una buona alimentazione, un continuo stimolo intellettuale attraverso la lettura, l’informazione, lo studio personale, la ricerca di piccole e grandi soddisfazioni quotidiane, nonostante le avversità che la malattia può portare, l’amore per la vita e per gli altri. Poi ci sono anche i farmaci, ma diciamoci la verità, ha mai funzionato qualcosa su di noi anche a livello semplicemente sintomatologico? No, o almeno molto poco. Una carezza, un abbraccio, fa di più di una ricetta medica, credo che in questa eccessiva specializzazione in branche e relativa disumanizzazione e tecnologizzazione, la medicina abbia perso il senso stesso della sua esistenza. Sanno curarti il mignolo destro e hanno difficoltà per quello sinistro, l’ascolto del paziente va in secondo piano perché è più sicuro seguire il protocollo. La vita viene prima ripeto, prima delle ore attaccati a una flebo senza alcuna sicurezza del domani, delle ore perse aspettando di essere presi a colpi di martelletto, delle ore buttati sotto la macchina della risonanza magnetica. La vita viene prima, dovessi viverla appoggiandomi a qualsiasi ausilio per poter camminare: se avessero un po’ di onestà, direbbero a tutti quei malati che invece di sopravvivere nella speranza di guarire, dovrebbero costruirsi e imparare una dimensione nuova e diversa del vivere».
Luca mi scrive ancora: «Le tue mail sono opere d’arte!». E poi continua: «Naturalmente dell’intervento di angioplastica non se ne parla vero?».
Io: «Per carità! Con la neurologia non si parla di CCSVI, è un tabù non lo sai? È pieno di pazienti che preferiscono non parlare per non essere aggrediti, che fanno finta di niente quando entrano in ambulatorio, che a volte fingono di avere gli stessi disturbi di prima dell’intervento, che dicono di prendere gli stessi farmaci, dicono “li facciamo fessi e contenti”, ecco cosa hanno ottenuto, una totale sfiducia. Tutto questo è triste, molto triste. Del resto, la vita viene prima anche per loro, e quando la tua carriera, la tua vita di sacrifici per emanciparti, dipende da un sì o un no di un barone, che cosa ci possiamo aspettare? Mi sarebbe bastata un po’ di onestà, il resto si comprende. Questa CCSVI mi è costata molto, in termini affettivi, è stata una pugnalata dietro l’altra e ora sono molto stanca».
Non vi dirò qual è stata alla fine la sua scelta, non importa il traguardo, ma il percorso che ognuno di noi compie, in maniera diversa, scegliendo alla fine strade differenti, eppure è questa dimensione umana che si sprigiona che ridà gusto alle cose e che le rimette in ordine perché alla fine di tutto è sempre vero che la vita viene prima. S.C.