La vita viene prima (1)
“… l’individuo possiede una tendenza innata a ricercare la vicinanza delle figure di riferimento …”
J. Bowlby
I malati continuano a fare lo stesso errore: passano dalla venerazione di un neurologo alla venerazione di un chirurgo vascolare, ma non comprendono, e qui sussiste la difficoltà di un percorso da compiere, che bisogna spezzare la catena che li lega a un rapporto diseguale con il terapeuta: la condizione di dipendenza deve cessare, considerata l’assoluta incapacità di guarirci, laddove la presenza del terapeuta nella nostra vita, poiché non intendono accoglierti nella loro sfera affettiva (cosa che giudicano deleteria per il compimento della loro professione), non ha alcun peso,
svuotata di ogni senso di umana reciprocità.
Mettetevi in testa che le scelte che davvero cambiano il corso degli eventi, nella vostra esistenza, sono totalmente autonome.
Laddove si sceglie un approccio tecnico-burocratico verso il malato, non può esservi altro legame che quello che sussiste tra un utente qualsiasi e l’impiegato del catasto.
Dai miei studi risulta evidente che la scelta della medicina occidentale di creare uno spazio, una distanza immateriale tra medico e paziente si rivela fallimentare:
1) Tale distanza non è mai netta, ma la necessità di uscire dalla disumanizzazione dei rapporti diviene spesso preponderante (grazie a Dio, aggiungo);
2) La sindrome da burnout è per lo più causata dalla routinizzazione degli atti, dunque da quella stessa burocratizzazione della quotidianità professionale che svuota e inaridisce lo spirito della missione che si va a compiere;
3) I medici scelgono la strada dell’anaffettività verso i propri pazienti perché sono ancora troppo emotivi, cioè incapaci di gestire le emozioni, e l’escamotage dell’“etica della distanza” diviene il metodo più rapido, ma superficiale. Escamotage, oltre tutto, per lo più disastroso.
La vita viene prima, prima di questi insulsi meccanismi, da una parte e dall’altra, esplode e si ramifica tra le persone, creando legami inestinguibili, è il senso maturo e dispiegato che s’instaura tra chi ha bisogno e chi può dare aiuto, è l’umanità intensa che ci prevarica ogni qualvolta pensiamo di ammutolirla. La vita viene prima.
bellissima riflessione