La solitudine della contabilità
“Ho imparato la dignità del lavoro, qualunque esso sia. Ho imparato che è importante chi sei, non cosa fai. Io sarò sempre un egittologo, anche se dovessi tornare a servire birra in un bar, e non certo perché oggi ho un ruolo” Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino.
Quando cercavo lavoro, nove anni fa, ricevetti la chiamata di un’impiegata di una delle tante agenzie di lavoro interinale che avevo contattato. Non ricordo per quale proposta di lavoro avessi dichiarato la mia disponibilità, ma dopo un anno di inutili tentativi e pochi colloqui, mi ero arresa a mettere da parte qualsiasi velleità. “Ma perché, con questo bel curriculum, ha risposto a questo annuncio?”, mi chiese la ragazza dell’agenzia con un tono di rammarico nella sua voce. Non ci pensai su tanto nel risponderle e stizzita, con tutta la rabbiosa rassegnazione che avevo in corpo, sbottai sarcastica con “perché mangio tutti i giorni?”.
Negli ultimi mesi, considerato il mio status di persona a rischio, lavoro da casa, in smart working si usa dire. Una mattina come tante, una mole di documenti doveva essere contabilizzata. Uno per uno, centinaia di fogli stampati passavano tra le mie mani per essere visionati, valutati e inseriti nel portale gestionale. Così, mentre svolgevo la mia occupazione quotidiana, con lo schermo del pc a illuminare la tastiera e il rumore incessante della stampante, pensai alla meccanicità dei gesti e alla solitudine di quei numeri, codici e quantità, che accompagnano la vita di un impiegato.
Vale la pena ricordare chi sei ogni tanto, nell’alienante moto degli ingranaggi, ora che il mio tempo si divide tra lavoro e cure materne, ora che lo studio e la scrittura si riempiono di polvere sui ripiani della libreria e sulla punta delle dita aspettano un segnale dal cervello.
È l’umanista, sorpreso nell’analisi, che documentandosi tra quei numeri non più soli, riconosce i segni della sofferenza socio-economica. La legge nelle motivazioni al rifiuto della merce in consegna, nella “chiusura straordinaria” o ancora “mancato pagamento”, “ordine annullato”.
Poteva restare fredda contabilità, ma io ho una formazione storico-filosofica, politologica e sociologica, insomma io sono un’umanista prestato alla logistica.
Certo, è vero anche che ho scelto di dedicare questo tempo soprattutto a mia figlia, alla sua rampante crescita per la quale riconosco tanto del mio essere e altrettanto a distinguerci. È così entusiasmante scoprire il mondo con i suoi occhi che tutto può attendere.
Tornerò a studiare e a scrivere, questa è la mia natura, la mia necessità esistenziale, ma non è il tempo della semina, io preparo il terreno intanto, come tante altre volte.