La casa sulla Riviera

“Sembrava davvero che quella casa ci stesse aspettando. Perché anche le case aspettano i loro inquilini, sopravvivono anni lontano da noi e poi aprono le loro braccia di porte e di persiane a una giovane coppia, a due scemi che tremano di felicità.” Margaret Mazzantini, Venuto al mondo

 

Costozza - Villa Trento Carli

Costozza – Villa Trento Carli

Fu quel silenzio, interrotto solo dai cinguettii, quel verde odoroso di boccioli, di nascita e di vita rurale, paesaggi agricoli, piccoli centri storici dal sapore medievale che s’abbarbicano lungo i colli, mentre più in basso il paese si sviluppava nelle sue case basse, le sue villette, le piazze chiuse al traffico che aprono a parchi giochi per bambini e giardini, che ci fece innamorare di quel luogo, che a dir la verità frequentavamo di tanto in tanto per via del nostro ristorante preferito, ricavato nella stalla dei cavalli della Villa da Schio, con i suoi affreschi e la cantina quattrocentesca.

E poi salire per l’ascensore e aprire il portone, e mettere piede su quel cotto e quel parquet, quella travatura a vista che ci avvolge e riscalda, quel rustico che non tralascia gli spazi dedicati alla vita urbana, alla tecnologia, per quella nostra necessità di trovare una nicchia familiare, aperta però al mondo.

C’è, entrando in quell’appartamento, un alone di magia, una catarsi che ci libera dallo stress quotidiano, il nostro rifugio, oltre la bruma di questa strana primavera uggiosa. E la terrazza, appartata, separata dall’altrui vivere da un profumato gelsomino, dove già dal primo incontro sognavamo colazioni e aperitivi assolati e freschi di brezza.

Dico: «C’è anche la scuola primaria a un tiro di schioppo», rivolgendomi a Matteo, preoccupato di comprarsi la bicicletta per scorazzare in libertà lungo la ciclabile berica. Saliamo in macchina, mi soffermo su quello che ho appena asserito, il mio sguardo si fa turbato. «Hai sentito cosa ho detto» continuo preoccupata, «Sì, della scuola» risponde distrattamente Matteo. «Sono le ovaie che parlano, gli ormoni, Dio Bon, sto invecchiando…», aggiungo con un velo compiaciuto e ironico.

 

Il nostro mitico zerbino

Il nostro mitico zerbino

E poi iniziò il massacro, il sempre troppo lungo e faticoso supplizio del trasloco, delle pulizie, dei montaggi, della tinteggiatura, del caos più totale. Matteo e i suoi mobili Ikea da montare, io l’assistente annoiata, mentre scrostavo gocce di vernice dalle piastrelle, i cartoni, le buste, le scatole, quella cosa che puntualmente quando ti serve è nell’altro appartamento, il proprietario che non ha fretta e noi come pellegrini a dividerci tra due case in attesa di vivere dignitosamente in un unico luogo. Mia sorella mi raggiunge da Nuoro per darmi una mano, e mentre scopre il veneto, si aggiunge alla carovana. Ci vengono in soccorso anche gli amici di Arzignano, con il loro camioncino. Anche loro sulla Carovana.

Il vecchio proprietario ci fa i complimenti per avergli restituito la casa perfetta, e io sorrido beffarda, pensando alla sofferenza immane a fine pulizie, il mal di schiena, il mal di gambe, le unghie sporche, inguardabili, mi verrebbe da dirgli “sapesse”. Se raccontassi le mie prodezze alla mia neurologa mi crocifiggerebbe, con quelle raccomandazioni iniziali degli amici e conoscenti “non stancarti troppo”, “non fare lavori pesanti”, “cerca di riposarti”. Ti corichi pensando a che colore dovrà avere la tenda del soggiorno e se riuscirò a fare un pasto decente domani, che non sia un trancio di pizza o un panino al volo.

Giorni di ferie passati in tuta, sporchi, sudati, trementamente trasandati, ma alla fine ce l’abbiamo fatta, eccoci nella nostra nuova casa, con quel non so che di cantiere ancora da terminare, ma vivibile, godibile. Un patto di sangue mi lega alle mie migliori amiche: la lavastoviglie e la lavasciuga. La mia gatta scopre la gioia di correre per una casa più grande e rotolarsi in terrazza, mentre devasta scatole di cartone con le unghie.

Ma le nostre avventure non sono finite, il resto ve lo racconterò più avanti. S.C.

 

Comments
  1. Posted by Pisanu Ignazio
  2. Posted by Gabriella Cittadini
  3. Posted by Stefania Calledda

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