Imprinting 3
CAPITOLO III – L’eredità
Mentre cerco di capire quale sarà il colore dei tuoi occhi e mi diverto a scoprire i tuoi primi sorrisi, vivo questa maternità come al mio solito, oltre la naturalezza delle cose, studiando e approfondendo, confrontando la mia esperienza con le altre, soffermandomi sulle ombre, piuttosto che sulle luci. Tua madre è fatta così Eleonora, ci farai l’abitudine, guardandomi alla tastiera del computer e sui libri, con la matita in mano, segnando e piegando angoli di pagine, e dietro scrivanie spiegare, parlare, consegnare agli altri un po’ di tanto “studio matto e disperatissimo” [Lettera a Pietro Giordani, 2 marzo 1818 – G. Leopardi].
Scopro una realtà di solitudine profonda, intorno a tante madri, in primo luogo per l’assenza di un vero sostegno da parte dello Stato, che tanto si spende in filippiche sull’importanza della famiglia e proprio a questa delega ogni possibilità di supporto. Se la rete della comunità manca, il nucleo famigliare si indebolisce al suo interno, per quel disequilibrio che l’arrivo del nuovo membro crea inevitabilmente, e in qualche modo i legami rischiano di sfilacciarsi, impegnati nella sopravvivenza quotidiana. Così accade che alcune donne vengano trascinate nel vortice depressivo, la fatica si mischia al senso d’inadeguatezza e di frustrazione, ci si lava le mani con la scusa degli ormoni, ma la verità è che il ruolo materno è il bersaglio principale dei facili giudizi e pregiudizi.
Per un mese ho potuto contare sul supporto dei miei genitori e dei miei suoceri. Tuo padre, intento a dividersi tra la casa e l’ufficio, è sempre il mio solido appoggio, e per quanto a volte vacillante, non si parlerebbe tanto della mia forza se non ci fosse lui a sorreggermi nei miei slanci vitali, silente e discreto grande uomo, due passi indietro per non fare rumore, per concedermi sempre un respiro di libertà.
Si dice che le figlie femmine instaurino con i loro padri dei legami intensi, particolari, unici. Anche questo lo vedremo cammin facendo, certo, la mia curiosità crescente si concentra su quale eredità intellettuale sapremo lasciarti perché non è ancora chiaro quanto ci sia di genetico nel patrimonio di ognuno, quanto conti invece l’esempio o l’educazione impartita, quanto ancora il nostro essere irripetibile ed esclusivo. Mi piace pensare di lasciarti questo mio sguardo indagatore del mondo, l’empatia, che scruta l’interiore, la curiosa fame di conoscere, oltre l’abbagliante luce dell’ovvietà.
E che madre sarò io, che lingua parleremo nei vuoti di parole, che gesti ci toccheranno quando non basteranno le carezze che asciugano quel dolore condiviso, quanti errori ci incupiranno, quanto amore innaffierà la pianta delle nostre esistenze.