Elezioni 2013: uno schiaffone chiamato M5S
Liquidare le molteplici questioni che solleva l’inquieta instabilità derivata da queste elezioni politiche con un “ha vinto il populismo”, sostenendo che come spesso accade, in un periodo di forte crisi economica, la risposta sociale è un pericoloso affidamento alle forze più autoritarie e populiste, sarebbe non soltanto un grave errore, ma soprattutto espressione di una visione miope e priva di analisi storica.
Certo, tracce di demagogia e segni di immaturità democratica e politica si sono più volte palesati nel corso di tutta la campagna elettorale. Il linguaggio e gli approcci al mondo della comunicazione del Movimento 5 Stelle sono orrendamente “fascisteggianti”, le uscite da piazzista di Berlusconi denunciano l’incapacità critica di una fetta ancora troppo larga di popolazione. Eppure, rifugiarsi nell’idea che siamo un popolo di caproni che merita di essere spernacchiato da mezzo mondo, solleva troppo generosamente la Sinistra dalle sue colpe, ci allontana dall’amaro declino, conseguenza di scelte nefaste di cui si è macchiata la classe dirigente che avrebbe dovuto rappresentare l’alternativa a tutto questo.
Ammetto di aver pensato che Grillo avrebbe avuto un discreto successo, ma certo non immaginavo che lo avrebbe avuto in questa misura, con questa forza dirompente che, cosa che non mi dispiace in fondo, ha totalmente sconquassato la nostra classe politica, ha rotto i soliti giochi di potere. Grillo ha parlato anche al cuore e alla pancia degli italiani, cosa che avrebbe dovuto fare la Sinistra, ha dato speranza e un futuro migliore possibile in cui credere, e anche questo lo avrebbe dovuto fare la nostra Sinistra. Invece, il PD ha perseguito il tema del rigore, della serietà, parlando soltanto alla testa, in quella ricerca dell’elettore moderato che sin dalla Bolognina ha caratterizzato la sua politica finendo, distante dalla società spaventata e disperata di questi ultimi anni, per non rendersi conto che di moderato non c’era rimasto più nessuno, che la cittadinanza aveva ormai una fame irrefrenabile di cambiare il Paese: e per farlo, aveva bisogno di scelte coraggiose, quelle che la classe dirigente si era dimostrata non in grado di fare, perciò, a un certo punto della storia, quella gente si è detta che era arrivato il momento di farle da sé quelle scelte. La grande partecipazione alle primarie, tanto per non citare sempre il M5S, cosa che il PD lesse come grande consenso al partito, era già un sintomo evidente, un grande bisogno di partecipazione che testimoniava, non l’attaccamento al partito stesso, ma bensì la necessità di prendere in mano le sorti della politica e dunque del Paese.
E poi, la disfatta di Rivoluzione Civile, e al suo interno la sconfitta storica dei partiti comunisti che agonizzano ormai da almeno una decina d’anni, se non da quel decisivo 1989, una sconfitta culturale soprattutto, in cui non siamo stati capaci di comunicare la forza progressista delle nostre ragioni, avvertiti non più come forza alternativa al sistema, ma come elemento perfettamente integrato e conservatore di quel sistema stesso. Scissioni su scissioni, dietro le piccole ambizioni personalistiche e di cortile, per arrivare a scomparire. Se non ricostruiamo la Sinistra radicale a cominciare dalle sue fondamenta, la sconfitta sarà irreparabile.
La gente, oggi come mai prima, ha bisogno di coraggio, di speranza. I giornali stranieri parlano di questo risultato elettorale come di “un voto contro l’austerità”, ovvero che si sia trattato in larga parte di un voto di protesta contro le politiche di rigore in cui le forze politiche citate sono state complici. Anche questo è vero, ma questa lettura si ferma a una storia troppo recente, e le radici di un malcontento diffuso, sfociato per lo più nel voto al M5S e nella minore affluenza, vanno ricercate molto più lontano nel tempo.
Tra le scelte coraggiose c’era la necessità di porre fine ai cosiddetti “privilegi della casta”, che in un tempo di austerità diventano inaccettabili: destra e sinistra si sono effettivamente trovati a continuare a ingrassare le loro tasche con i soldi degli italiani. Come si fa a non condannare una così indegna offesa alla gran parte della popolazione su cui continua a pesare tanta ingordigia?
Qualcuno continua a sostenere che il M5S è soprattutto formato dai delusi di sinistra: una percentuale di voti così alta ci dice chiaramente che il M5S ha “rubato” voti a tutti i partiti, soprattutto a quelli che dalla loro origine si sono presentati come la novità, come forze anti sistema. Molti grillini sono ex leghisti, ex berlusconiani, ecco, trovo nel Movimento elettori instabili, quelli che non hanno una coscienza politica ben definita: inevitabile. Gli elettori d’appartenenza come me vengono assaliti da un forte disgusto verso l’idea di un voto di protesta, o di fronte ad affermazioni come “sono tutti uguali”, o ancora “proviamo con questo”, come se fosse un nuovo spazzolino.
Eppure, viste le premesse, non sono affatto dispiaciuta che il PD si debba confrontare con questo nuovo tsunami, come giustamente si sono definiti, politicamente scorretto. Credo che a volte un sonoro schiaffone aiuti a riflettere meglio. Spero sempre nell’intelligenza di chi lo riceve. S.C.
—–condivido jn pieno l'analisi chirurgica, lucida e costruttiva, volta a un futuro possibile.
Credo che il voto al M5S non sia solo un voto di protesta, certo ha anche queste connotazioni, maggiore a mio avviso è l'intento di chi ha espresso questo voto di radere al suolo la logica politica partitica degli ultimi due decenni. Io credo che la formula partito e il suo ruolo politico così come espresso oggi siano asfittici.
Spero solo che M5S non si omologhi adesso che è in parlamento, spero che lasci ad altri di sbrogliare la matassa di questa situazione che tanto hanno fatto per crearla. Il PD è senza identità, senz'anima e alla deriva. la sinistra poi è macerata da infantilismi assurdi.