Cercando casa
Siamo partiti dalla Sardegna con l’auto stracarica e pochi soldi in tasca, quanto necessario per sopravvivere in una terra lontana, una Laurea e tante speranze dei nostri genitori versate sui nostri conti bancari da studenti, il nostro giovane entusiasmo. Viviamo ancora nel bivano che ci ha accolti a tre settimane dalla Laurea, a una settimana dal nostro arrivo, ma adesso le cose sono cambiate, abbiamo migliorato la nostra posizione economica e sociale, ci siamo perfettamente integrati nel nuovo territorio e questo c’è costato un po’ del nostro accento, così che la nostra provenienza resta ai veneti difficilmente individuabile. Il problema maggiore è stato il lavoro, tanti colloqui e tanti annunci senza riscontri positivi e sempre meno soldi in tasca, troppe volte un carico insopportabile di disperazione, la paura di dover tornare, perché se è difficile quassù, dicevamo, in Sardegna è molto, molto peggio. Poi la svolta, e diverse bottiglie di prosecco aperte per festeggiare dopo, il mini appartamento si fa troppo stretto, troppo lontano dall’ufficio, la gatta è ingrassata troppo e poi, io per scrivere ho bisogno di silenzio e Matteo per produrre la sua musica elettronica ha bisogno della sua chiassosa strumentazione, ci vuole almeno un’altra stanza.
Decidiamo di cercare un altro appartamento, più grande e più confortevole, che mantenga comunque i tanti aspetti positivi del mini già abitato, ma che allo stesso tempo ci avvicini al luogo di lavoro, il che comporta non abitare più a Vicenza città, ma in uno dei paesi poco distanti, risultando però strategico per gli spostamenti, e in questo l’urbanesimo veneto aiuta parecchio: la città diffusa mantiene i suoi pro e i suoi contro.
Ci presentiamo nelle varie agenzie con un’aria distinta, stivali e stringate lucide, cappotto, pantalone con la riga e leggings, borsa di marca. Scegliamo quale auto prendere per andare, nel tardo pomeriggio, dopo il lavoro. È un’altra vita che ci si cuce addosso, che cammina e si muove a nuovo. In agenzia ci trattano con i guanti perché “sono sicuro che il proprietario sarà disponibile a trattate con delle persone referenziate come voi”, ci dice l’immobiliarista, e io sorrido con ironia. Quando rientriamo in macchina mi rivolgo a Matteo e gli stringo la mano con sarcasmo: «complimenti Dottor Pisanu, è passato da terrone con le pezze al culo a persona referenziata». Ride e mi manda al diavolo e io continuo «Non hai sentito? Nell’immobile sono tutti italiani», dico con una nota di ribrezzo, pensando ai cartelli di altri tempi con su scritto “non si affitta ai meridionali”. Il fatto è che per il veneto medio l’immigrazione è una mano santa quando ti spacchi la schiena in conceria, quando non disturbi la quiete borghese con la tua disperazione di periferia, quando ti prostituisci lontano dalle strade, quando la tua piccola, meravigliosa “Svizzera” di quartiere non odora di couscous e impara in fretta il veneto, siano le poste o il supermercato. Ma se sei un “bravo toso”, che si fa la sua vita rispettando le regole, anche quelle non scritte, quelle della comunità, se lavori onestamente e impari a sacrificarti con i tempi e i modi del suo vivere, allora, allora la cortesia è d’obbligo.
Scopro che per l’edilizia italiana i disabili vivono sotto i ponti: nel vicentino, i condomini constano perlopiù in massimo tre piani, e dunque si ritiene che gli ascensori non servano. Pongo più volte come condicio sine qua non l’accessibilità, perché può essere anche al primo piano, ma non intendo comunque farmi due rampe di scale. Ebbene, le offerte continuano a ricadere su primi piani senza ascensore e nonostante la chiarezza e la perentorietà della sottoscritta, mi fanno perdere tempo con frasi del tipo “ma non sono tanto ripidi”: ci sarebbe da andare lì su una carrozzina per vedere quali aberranti scusanti troverebbero. La cosa più divertente resta l’influsso deleterio della televisione: come fosse una puntata di “Cerco casa disperatamente”, le situazioni immobiliari più inenarrabili s’abbelliscono di tinte fashion, new design, american style come se piovesse, ma gli appartamenti non sono quelli della televisione e nemmeno il nostro budget.
Così, una banale cucina abitabile si trasforma in Open Space, indicandoti con premura la zona living per accogliere al meglio gli ospiti, mentre con immancabile pragmatismo stai pensando che l’Open Space diventerà un inguardabile caos di piatti sporchi per il quale ti schiferai da sola quando alle sette di sera tornerai a casa, con un cecchino in terrazzo affinché nessun ospite osi venire a farti una “bella sorpresa” mentre metti il pigiama e le pantofole. Il tutto si chiude con una necessaria frase in sardo nuorese, non esattamente da principessa: «Oh Matté. Ma itte cazzu living! Mi ca no semus in New York!» (traduzione: Vedi Matteo. Ma che c…o living! Guarda che non siamo a New York), notando che a malapena ci sta un divano due posti e non provare nemmeno a stiracchiarti!
E poi una visione, un silenzio antico, ai piedi dei Colli Berici, poco distante da una delle più belle ville di interesse storico della regione, vigneti, la più lunga pista ciclabile del Veneto che ti passa davanti casa, appartamento nuovo, ascensore, riscaldamento autonomo a metano, parquet nelle camere e cotto negli altri ambienti, persiane vicentine, ampia terrazza abitabile ecc. Insomma, in mezzo la verde, se ti soffermi un attimo puoi sentire l’aria sulla quarta corda di Bach. E ora tocca ammobiliarlo, ma questa è un’altra storia e dobbiamo rimandare. S.C.