CCSVI: quando la Scienza è schizofrenica
Il dibattito scientifico è un aspetto del progresso che dovrebbe farci sentire maggiormente rassicurati ed entusiasti della capacità umana di evolversi attraverso un conflitto che dovrebbe portare a un superamento delle condizioni di partenza. Chi ha fatto studi filosofici e politologici, come la sottoscritta, gode nel vedere un accendersi della discussione scientifica perché questo dovrebbe essere una garanzia di miglioramento, di progresso appunto.
Il problema è che spesso noto un inasprimento fine a se stesso delle posizioni assunte, un conflitto sterile, inutile, nel nome di interessi ben diversi da quelli del progresso scientifico: non solo non c’è alcun superamento, una sintesi che garantisca un’evoluzione, uno sviluppo di cui beneficiare, ma tutto si attesta in uno scontro improduttivo, una faticosa guerra di trincea, di logoramento, che ottiene un numero spaventoso di morti e feriti sul campo. E come sempre accade, le vittime non sono i generali, sono i fanti, e nel caso della scienza medica sono i pazienti, la carne da cannone di questa storia che si ripete.
Mi allontano, ora, dalla vaghezza dell’analisi generale, per entrare con decisione nel particolare: prendiamo come esempio il caso Sclerosi Multipla e CCSVI.
Dalla presentazione della “The Big Idea: Iron-dependent inflammation disease and proposed parallels in multiple sclerosis”, alla J. Royal Society of Medicine, sono passati molti anni, eppure il meccanismo continua a ripetersi: da una parte la Neurologia nega l’esistenza stessa della patologia venosa, definita dallo scopritore prof. Paolo Zamboni “insufficienza venosa cronica cerebro-spinale”, da cui l’acronimo in lingua inglese CCSVI, negando altresì alcuna connessione con la Sclerosi Multipla; dall’altra angiologi e radiologi vascolari investono sempre più in questa, dicono, entusiasmante novità medica e scientifica che resta attualmente la scoperta più importante del momento in campo vascolare.
Pubblicazioni su pubblicazioni che manifestano soltanto la schizofrenia di fondo in cui la Scienza in molti casi finisce per cadere: due fronti che confliggono per non portarci a nessuna conclusione, due parti che rilanciano i loro interessi lobbistici senza arrivare a una sintesi fruttuosa. E se questo non bastasse, ciò che lascia un’amarezza profonda è l’inevitabile conseguenza per la quale gli scienziati, i medici, costringono i pazienti a parteggiare, portando il conflitto in ambulatorio: aggressioni e terrorismo di una parte sull’elemento debole del rapporto, il paziente, incitamenti e sollecitazioni in altro verso, in un’esacerbata ostilità dove è sempre il malato a perderci.
Tutto questo è lacerante, è una contrapposizione che non lascia al paziente altro che una totale sfiducia nella Scienza e persino nei suoi stessi terapeuti: e intanto il progresso si ferma, la ricerca è un gioco di potere dove la verità scompare e al dolore si aggiunge altro dolore. S.C.