Autunno, per fortuna
Ovvero non mi sforzo di essere simpatica
Una doccia bollente, un tè caldo inglese con un cucchiaino di miele di castagno berico, rigorosamente biologico, un tramonto che accenna i suoi riflessi arancio sui campi e i sui tetti delle case e nuvole nere, che minacciano gli ultimi raggi di un tiepido sole: è giunto finalmente l’autunno.
Tutti gli anni tento di farmi piacere l’estate, m’impegno persino, ma io non sono fatta per i cocktail con ghiaccio delle sere afose d’agosto, piuttosto per gli infusi e il plaid, mente fuori piove; non amo denudarmi per prendere il sole in spiaggia, preferisco stringermi nella sciarpa e guardare i colli vestire nuovi colori, né sopporto la fuga verso i luoghi di vacanza che spoglia le città e la vita si ferma in attesa che arrivi settembre. Odio l’estate, quei riti collettivi per cui devi, e dico devi, gioire delle belle giornate e ne devi approfittare, devi trovare sempre qualcosa di divertente da fare, perché in estate bisogna spassarsela. E allora ecco la musica ad altissimo volume che ti ferisce i timpani, sgargianti colori e sorrisi tirati, perché stasera si sta tanto bene in giardino a farsi pungere dalle zanzare, non è forse divertente? No mi diverto affatto.
E che a me quest’umanità che si accalca cercando diversivi per il bel tempo non solo mi annoia, ma mi disgusta: gli incontri con il resto della specie devono avere una logica, per questo posso godermi la necessità dei simili con moderazione, uno, due, massimo sei esemplari per volta, magari per cena, perché altrimenti ogni specificità e ricchezza si disperde, non puoi ascoltare tutti e rischi di finire per non ascoltare nessuno, così ti concentri sull’ospite a te più vicino, dunque la conversazione torna ad essere a due e se sei fortunato potresti anche avere qualcosa da dire e persino qualcosa che ti può incuriosire nell’altro. Nella maggior parte dei casi ti pentirai di aver lasciato l’alternativa a casa: il mattone di storia del Risorgimento che non hai ancora finito di leggere, il che è tutto dire.
Mi descrivono come una persona malinconica, che farebbe dell’autunno una stagione a me più confacente, perciò credo che per la prossima estate mi eclisserò in montagna con i caprioli per trovare un significato all’esistenza dell’estate. S.C.
Come sai ho vissuto in tenerissima età qualche anno in un collegio immerso nella campagna Pistoiese, sotto i colli verdi di ulivi e castagni e tagliata da stradine dai bordi irti di cipressi, non solitari ma in lunghe file ordinate. Dopo l’estate passata nelle strade polverose e arroventate dal sole di Sae Sulis si tornava in Toscana e l’autunno ormai alle porte esplodeva di colori rossi e gialli macchiando i colli dai medievali campanili e addormentati campi pronti per il freddo invernale. Sarà forse per il mio carattere introverso che amo l’autunno o sarà l’autunno che ha formato il mio carattere? Chi lo sa!
Entrambe le cose presumo, forse fossi nata in una città di mare avrei avuto altre caratteristiche. Che importa, con i se e con i ma non si è mai fatta la storia, nemmeno quella individuale.
Certo che la Toscana ha il suo perché!
Io, che in una città di mare ci sono nato, la penso esattamente come te…ed infatti sai dove me ne sono andato a vivere. Questo posto, comunque, mi ha insegnato ad apprezzare anche l’estate: dopo il buio e il freddo, passare qualche giornata all’aperto diventa una necessità, te lo assicuro!