Attraversando il Po: naufragi autunnali (1)
Prima Parte
Ho appena terminato la mia seduta di fisioterapia, c’è un tè fumante sul tavolo, per sentire l’aroma di cannella devo avvicinarmi perché ho il naso chiuso per il raffreddore. Lascio che si raffreddi un po’ per aggiungere un cucchiaino di miele e sorseggiarlo con voi, che mi leggete: eh sì, nelle sere di novembre consiglio di leggermi sempre con qualcosa di caldo tra le mani.
Tornata dal mio viaggio padano, lombardo e piemontese, ho ancora le rose regalatemi a Torino sul tavolo, e tanti scatti, ricordi. Sarebbe davvero meraviglioso poter naufragare sempre in mezzo a tanta bellezza, artistica, storica, umana.
Le due presentazioni, a Pavia e a Torino, sono andate benissimo, grande coinvolgimento del pubblico, che è la cosa che più m’interessa e mi soddisfa, buona organizzazione, fantastici incontri, adorabile cornice.
C’è spazio, in questo racconto anche per le frivolezze, tipo il sentirsi dire “Ma sei bellissima, molto meglio che nelle foto su internet”, che m’induce a pensare che: a) girino sul web orrende immagini della sottoscritta, b) non c’è occhiaia che un buon correttore non possa nascondere. Del resto, ho imparato attraverso conferenze, presentazioni e altri incontri, che per rispetto dei tuoi uditori, non è bene presentarsi come ti fossi appena alzata dal letto, del tipo che non t’importa affatto di essere lì, e dunque ho imparato a donare di me un aspetto decoroso. O ancora, subire il commento “Ma sai che ti si sente tantissimo l’accento veneto?”, che ti porta immediatamente a puntualizzare che il tuo è un non ben definito accento sardo-veneto, con quella parte sarda un po’ nuorese, e un po’ cagliaritana.
Ma torniamo a cose più serie. Dopo gli scontri avvenuti in diverse piazze italiane, tra manifestanti e forze dell’ordine, la necessità di non rendere la letteratura come un momento astratto e distante dall’attualità, per come io intendo l’attività di scrittura e il ruolo che noi umanisti abbiamo nella società, ho deciso di aprire le due presentazioni con un prologo di cui riporto gli appunti su cui ho incentrato il discorso.
Prologo: Attualità e Letteratura
Alla nostra generazione, al nostro Paese, è stato chiesto di non essere troppo “schizzinosi”, di accettare l’inaccettabile, di tollerare l’intollerabile. Questo è accaduto anche nel mondo della cultura, della scuola e dell’Università, la Letteratura è diventata in maniera sempre più becera “passatempo” e dunque è stata svenduta, e sono arrivati i libri da supermercato.
Io, invece, vi chiedo di essere più schizzinosi, di essere dei lettori migliori e di non leggere quello che viene pubblicizzato di più, quello che viene premiato perché la casa editrice ha pagato meglio, vi chiedo di frequentare di più la letteratura, la poesia: si dice che la poesia non piaccia, non venga letta, non venda, perché non la si capisce e non la si conosce, ma quando noi non conosciamo una persona e la vogliamo capire meglio, la frequentiamo di più! Lo stesso vale per la poesia.
Vedete, io non scrivo per elevarmi e guardarvi dal pulpito, scrivo per condividere, io cerco un rapporto orizzontale con i lettori, [ecco perché sono una blogger] con il pubblico che ascolta, perché voglio che, uscendo da qui, vi resti qualcosa, che riflettiate su quanto abbiamo detto oggi. Qualcuno pensa, come autore, di poter dire qualcosa di più degli altri, io, invece, voglio dire quello che gli altri avrebbero voluto dire, ma non hanno avuto l’occasione, la capacità, la possibilità di farlo.
L’intellettuale non è colui che beve il tè sulla sua poltrona e guarda dalla finestra il mondo che va, che passa, l’intellettuale è colui che scende per la strada e il mondo lo cambia. [Piccole digressioni su Gramsci – concetto di intellettuale, egemonia, repulsione verso l’indifferenza]
Sono sempre più convinta che a salvarci da questa crisi non sarà uno scienziato, un ingegnere, un matematico, sarà un umanista, uno scrittore, un filosofo che si domanderà ancora una volta “se questo è un uomo” [P. Levi] [Lo farà magari sul posto di lavoro, o davanti al Parlamento mentre i malati di SLA si lasciano morire, aspettando la fine dell’autonomia dei loro respiratori artificiali per lottare contro l’eliminazione del fondo per i non autosufficienti, perché ormai è questione davvero di vita o di morte].
Dette queste premesse, che vi aiuteranno anche a capire parecchio della mia scrittura, vi accompagnerò in questo viaggio in versi, in questo naufragio. S.C.
C’è ancora molto da raccontare, ma dovrete aspettare la pubblicazione delle prossime parti.
Leggi anche: Seconda Parte – Terza Parte
Dio bono, ho cancellato tutti i “mi piace” con una semplice mossa idiota! Doh!