Altamente infiammabile
Item ordinamus: qui si alcuna persona ponneret fogu istudiosamenti a laure messadu over ad messare o a bingia:o at ortu et est indi binchidu paghit pro maquicia liras l, et issu dannu a quillat auire factu:et si nò pagat ipso over atero pro se seghit silli sa manu destra. Et issos jurados siant tenudos de prouare et de tenne sus malusfactores adicussa pena qui narat su secundu capidulu.” Carta de Logu – Eleonora d’Arborea
Sono stata per molto tempo una persona “altamente infiammabile”, per quella passionalità che mi contraddistingue sempre nel mio fare, nel mio vivere. Benzina, bracere muto che al primo vento diventa fiamma, forse per quella mia cattiveria, quella rabbia, non verso qualcuno, ma verso ciò che io percepivo come ingiustizia.
Ecco, ciò che è ingiusto, ai miei occhi, è sempre stato un fiammifero che m’infervorava, e quando si è molto giovani è difficile togliere ossigeno a quella fiamma. Di questo mio carattere montanaro mi resta il linguaggio asciutto, a volte crudo, con punte di sarcasmo e, di rado, di cinismo, ma come spesso accade, gli anni che passano ti spogliano della sicurezza di poter davvero sapere cosa sia giusto e cosa non lo sia.
A volte, i segni zodiacali segnano la personalità dell’individuo, e poiché io sono Bilancia, ascendente Sagittario, la mia vocazione alla Giustizia e presto detta, e così insignita dal Cosmo di cotanta rettitudine e intransigenza, l’arco non può fare a meno di segnare con la sua freccia la distanza tra bene e male, con immancabile fermezza. Per una miscredente come me, il tutto appare un paradosso, e in effetti è autoironico questo ritratto.
Ciò che oggi mi si riconosce è una più moderata saggezza. Del resto, è il compimento di un percorso fatto di attitudine all’ascolto, una naturale empatia, la maturazione del sentimento e della sofferenza, la capacità di usare i propri studi come grimaldello della realtà. Ho soprattutto accantonato l’idea di poter pretendere da tutti quanto pretendo da me stessa, e a dir la verità, ho iniziato a pretendere molto meno anche da me, ad accettare che non sempre possiamo essere amati come vorremmo. Che non sempre possiamo essere amati. Che non tutti coloro che saliranno sul treno della tua vita, finiranno il tuo viaggio. Perché è il tuo, appunto.
Migliaia di ettari di terra sarda, anche quest’anno, vanno in fumo. E dire che al mio disappunto verso la mancanza di una politica per il turismo seria, nell’isola, che sapesse immaginare un’apertura ai servizi alla persona, senza le oscenità e la barbarie cementificatoria e squallida, mi si è risposto che “la Sardegna è bella così, selvaggia”, che “se non ci puoi andare è un problema tuo, non ci vai”, che “uno fa una scelta”, che “bisogna mantenere i luoghi intatti, nella loro asprezza e impraticabilità”. Immagino che sia per tutto questo che ogni anno, questo “sommo rispetto per la natura” si traduce in in un enorme rogo, in una carneficina della propria fauna preziosa, nella scomparsa di innumerevoli specie vegetali uniche al mondo. Scusate per aver chiesto un bagno, un cestino per i rifiuti e persino una pedana degna di questo nome in spiaggia.
Ecco, farò una scelta, poiché il problema è mio, quest’anno vado in vacanza dove il mio problema diventa il problema di tutti, perché questa si chiama civiltà, e nella maggior parte dei casi la Sardegna non è selvaggia, è sottosviluppata.
Scelgo di tornare alle mie montagne, ma nella Regione a Statuto Speciale del Trentino Alto-Adige, in zona dolomitica, e faccio questa scelta premiando la massima accessibilità nel più ossequioso rispetto del territorio e dell’ambiente, al punto che mi posso portare in vacanza anche le mie gatte.
Nessuno può togliere alla Sardegna la sua bellezza, finora pare però che proprio i sardi non ne abbiano cura, che non sappiano investire in un’idea inclusiva ed ecocompatibile, che si trincerino nell’intangibilità del territorio per giustificare la propria inerzia, per poi mandare tutto in fumo.
E allora, che bruci tutto, mi sovviene dal profondo del mio sangue, che è sardo, e per questo il tutto è ancora più inaccettabile.
Che poi qualcuno mi piegherà perché facebook mi ha cancellato i click vari, vabbè.