Al voto, con poca convinzione

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elezioni_2013Questa è stata la più brutta campagna elettorale a memoria di questa Repubblica: lo hanno detto tutti, lo ribadisco anch’io, che bazzicavo in politica sin da bambina, da quando mio padre mi portava alle feste del Partito e mi metteva un cappellino in testa, un fischietto e si andava in corteo dietro lo striscione. Brutta, orrenda perché vuota di contenuti, riempiti di personalismi persino poco carismatici, bassezze, vecchi meccanismi che risultano ancora più fuori luogo in un momento storico in cui sarebbe decisivo avere il coraggio di ribaltare prospettive, spezzare automatismi vetusti, mettere in discussione un sistema, un modello di sviluppo.

Il Movimento 5 stelle ha l’unico merito di mettere in crisi la nostra classe politica e dirigente, insinuandosi nel solito teatrino della politica nostrana. Per il resto, grande, ingenuo, debole moto di protesta, perché non è veramente alternativo, perché sciapo, pieno di luoghi comuni, Grillo parla a una società che non c’è, la realtà è più complessa, fatta di pensionati che il computer non lo accendono nemmeno, un Paese dove il digital divide è altissimo, l’analfabetismo, non solo informatico, è una condizione ancora presente, e i divari sono molteplici, dalla contraddizione più inaccettabile in cui in una Nazione convivono le aree più depresse d’Europa e quelle più sviluppate e con le infrastrutture più all’avanguardia. Il Movimento 5 stelle candida personaggi assai discutibili, lo fa nel buon nome della “società civile”, che, non si sa per quale ragione, è diventata emblema di purezza in contrasto con la corrotta classe dirigente: ma questa classe dirigente è frutto, parte integrante, di questa società civile italiana che fa spesso altrettanto ribrezzo. Che in Parlamento ci finisca gente che non ha idea nemmeno di come funzionino gli iter e di come si dovrà confrontare con il potere, le lobby, flussi di capitali e trattati internazionali, beh, non mi rincuora. A cominciare dalle parole di Grillo sul successo del Movimento, “non ce l’aspettavamo, dobbiamo organizzarci”, mi pare di capire che siamo di fronte a una manica di sprovveduti.

Ma Grillo e compagnia non sono il mio nemico numero uno, sarà l’ennesima bolla di sapone come fu la Lega, il primo Berlusconi, ecc. Certo, ciò che Grillo spaccia per grandi novità finisce per coincidere con elementi dei programmi della Sinistra radicale, oggi, come ieri, solo che nel dibattito politico finiscono per non imporsi mai, grazie alla deriva della Sinistra più moderata verso destra, anche qua, oggi come ieri. Resta principalmente vergognoso l’approccio di Grillo al mondo del lavoro, che fa del Movimento la risposta al malcontento tipicamente borghese e della classe media. La parola Lavoro non compare mai nel suo programma, in linea con i principi della decrescita, il lavoro è considerato negativamente perché combacia con la parola fatica, sacrificio: nell’idea post industrialista della decrescita, non c’è spazio per il lavoro come affermazione sociale, realizzazione personale, il lavoro non è più espressione di dignità, collaborazione, cooperazione in una visione di progresso come invece lo ritroviamo nel marxismo e nella socialdemocrazia. Ai minatori del Sulcis ha saputo offrire soltanto il reddito di cittadinanza: ma non si tratta soltanto di denaro, di sopravvivenza, il lavoro è molto di più, ecco perché Grillo può soltanto aggrapparsi ad un elettorato mediamente borghese. Ecco perché, finendo in Parlamento, dovrà confrontarsi con molte altre forze, storie, per cui in due anni non cambierà proprio nulla, perché per cambiare una società, possono passare anche secoli, perché ci sono delle questioni che non si risolvono con le folle in piazza, ma con il dialogo, il confronto parlamentare e ad oggi, Grillo non ha saputo confrontarsi con i suoi concorrenti politici, ha evitato questo confronto: esiste un problema democratico all’interno del Movimento, è evidente. Così, quando i riflettori degli spettacoli di Grillo di spegneranno e bisognerà mettere in pratica quanto urlato dal palco, le contraddizioni e i conflitti che agitano la società civile di cui sopra investiranno i nostri sprovveduti senza troppo garbo.

La Sinistra, dopo vent’anni di berlusconismo, è al collasso, non ha saputo imparare nulla dalla lezione, non è cresciuta dal punto di vista intellettuale, si ripropone sempre uguale, con i soliti giochi sulle percentuali, mentre avevamo bisogno di atti di coraggio, e ora guarda con favore al neoliberismo di Monti perché ancora una volta si spacciano per riforme ignobili passi indietro, ancora una volta il finto moderatismo democristiano, vestito a nuovo, ricatta il germe del mutamento.

Coalizioni come accozzaglie partitocratiche, perché sia chiaro che anche Rivoluzione Civile, con il suo Ingroia capolista a determinare l’ennesimo approccio personalistico alla politica, è un altro tentativo di salvarsi di fronte al franare di ogni punto di riferimento ideologico. Ecco, voterò Rivoluzione Civile per semplice preferenza programmatica, perché ne condivido i principi e perché credo sia importante costringere il PD a guardare a sinistra. Lo faccio non troppo persuasa, piuttosto penso che questo Paese si meriti molto di più, o almeno, abbia bisogno di molto di più.

La nostra classe politica è un coacervo d’incapaci, di gente senza spina dorsale che si rifugia dietro le promesse elettorali, la retorica del “voto utile”, la paura, per quell’effetto ansiogeno che zittisce ogni possibilità di cambiamento. Nonostante questo, nonostante creda necessario un ricambio, le proposte politiche di questa tornata elettorale non sono all’altezza delle necessità storiche e nella notte della Repubblica mi trovo a votare con poca, pochissima convinzione. S.C.

 

 

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