Ho scritto a Concita De Gregorio
Dopo aver aderito all’appello de L’Unità, ho commentato così l’articolo del direttore “Il sorpasso della realtà”:
Per una donna come me, alla soglia dei trent’anni, con una laurea in Scienze Politiche che non interessa a nessuno, in questo mondo del lavoro fatto per personale dequalificato da sfruttare, da precarizzare all’infinito, dove alle donne si richiede la bella presenza e ci si preoccupa dell’età e dello stato di famiglia, perché guai ad agognare alla prole (non siamo nemmeno più definibili proletariato perché non abbiamo più la facoltà di riprodurci come gli animali), lo squallore di questi tristi festini di reminiscenza alla “Colpo Grosso”, ancora di più mi offende.
Il distacco tra il “Porno Paese” ed il Paese reale è tale che ancora di più mi disgusta, laddove una donna su due non lavora, nella nazione dell’arrivismo genitale.
Rifiuto questo modello, mi affianco agli operai di Mirafiori e rivendico la mia dignità.
Stefania Calledda
L’Italia è una Repubblica fondata sulle marchette
A proposito di Berlusconi e delle sue Escort
Uno Stato che fonda la buona amministrazione della cosa pubblica sulla virtù dei suoi governanti o sulla razionalità dei suoi cittadini è uno Stato instabile, debole e insicuro.
E’ questa la tesi che anima “ Il Trattato Politico “ di Baruch Spinoza.
Tesi originalissima se la si inserisce in oltre duemila anni di tradizione platonica, in cui sebbene in diverse forme, si è sempre sostenuto che lo Stato migliore sia quello governato dagli uomini migliori.
Spinoza invece di invitarci, come aveva fatto Platone a scegliere i migliori da mettere al governo, focalizza l’attenzione sulla creazione di un’architettura istituzionale che possa rendere lo Stato ottimo, indipendente da chi lo guidi.
Un principio semplice quello della separazione tra istituzioni e virtù dei governanti, che però sembra sia sempre più dimenticato nonostante che molti stati moderni si siano ispirati a tale idea. Basti pensare alla divisione dei poteri, al bicameralismo, alle procedure di controllo o di bilanciamento come il voto di metà mandato negli USA o alle figure di Presidenza delle Repubbliche come garanti delle Costituzioni.
Spinoza ci dice che è lo Stato a dover garantire sicurezza, pace, libertà ai cittadini e non i governanti di turno, la salute di uno Stato deve prescindere dalle virtù di chi ne è al comando.
Eppure in Italia da molto tempo, troppo, il dibattito politico sembra ripercorrere le orme del platonismo, ci s’interroga sulla moralità o meno della casta, ci si indigna sul comportamento virtuoso o meno della classe dirigente. Ci si lamenta dei vizi di chi ci governa, sperando di averne dei migliori, ma non ci si preoccupa di salvaguardare l’integrità delle istituzioni.
Spinoza direbbe che è un atteggiamento miope, di un popolo vittima delle passioni, preda degli egoismi, avido di desideri di vendetta.
La vera salvaguardia della libertà non è nelle virtù di chi governa, ma nel valore delle istituzioni, nella Carta Costituzionale, nella sua capacità di creare equilibrio tra passioni, interessi e potere.
In quest’ottica diviene evidente che il “berlusconismo” da temere non sia quello delle escort a villa Cerosa o a Palazzo Grazioli, ma quello della legge elettorale che priva ai cittadini una vera scelta, quello del conflitto d’interessi irrisolto, quello del ricatto Fiat che sancisce l’espulsione delle libertà costituzionali dalle fabbriche, quello della supremazia degli avidi interessi economici sulla politica, quello delle “picconate” date ai principi fondamentali della Costituzione.
C’è un continuo sussurrare dei media e non solo, alle orecchie degli italiani che occorrono riforme, cambiamenti alla Costituzione, mutamenti, martellamenti continui in sordina che fanno chiaramente pensare a una strategia di stravolgere in senso autoritario le basi dello Stato democratico.
Astuzie che orientano un popolo che demanda ad altri l’agire e che corre il rischio di svegliarsi un giorno schiavo con il rammarico di aver contribuito alla propria schiavitù.
Spinoza anche questo aveva scritto nel Trattato Politico” : uno Stato che fondi il buon governo sulla ragionevolezza ( buon senso) dei suoi cittadini è uno Stato alla mercé di un dittatore.
Io credo che sfugga alla maggior parte delle analisi affrontate in questi giorni il vero nocciolo: al di là della questione morale, il vero problema che sussiste in questo Paese è il sessismo imperante in tutti i settori. Per quanto le donne rappresentino l’eccelenza in tutti i campi, continuano a vedersi interdette tutte le strade che portano verso la classe dirigente del Paese. L’unico modo, a quanto pare, per accedere a certi livelli di potere, economico, politico, culturale ecc., vorrebbe il modello imperante, è fondamentalmente darla via.
Sono ancora sconvolta dallo scoprire tra le dame del bunga bunga una mia collega d’università, la Sorcinelli: credevo di non arrivare mai a dirlo, ma la preferivo quando se la tirava in facoltà, piuttosto che darla via così.