Della ragione e del sentimento
Siamo sempre stati una coppia che ha fatto le sue scelte privandosi degli orpelli del senso comune, superando le aspettative che per età, contesto generazionale e appartenenza politica, socialmente ci avrebbero costretto a dinamiche consuete. Invece, noi abbiamo applicato l’unico criterio possibile, senza etichette e senza ipocrisie, che è quello del sentimento, la verità che muove il mondo.
Siamo cresciuti insieme, ci siamo sostenuti vicendevolmente, nel quotidiano come nelle nostre aspirazioni di soggetti spiccatamente sensibili e personalità decise, in cui una necessità artistica ritagliava e ritaglia l’espressione del sé, nel percorso del noi. Un percorso in cui troppo presto abbiamo incontrato difficoltà importanti come la malattia, interrogandoci e ricostruendoci una dimensione di coppia e di vita ogni volta che questa veniva turbata da cause endogene ed esogene. Ci vuole intelligenza, non c’è dubbio, ci vuole soprattutto l’amore.
Scegliere una vita insieme è dunque un passo necessario, sentito così profondamente da non aver bisogno di schemi in cui definirsi, resistente, senza lacci e catene. C’è un intenso afflato di libertà nel nostro scegliersi quotidiano, qualunque siano le altrui influenze. Siamo perché ognuno di noi è.
Il matrimonio è sempre stata un’istituzione lontana dal nostro modo di intendere la vita a due, perciò non abbiamo mai avuto aspirazioni in questo senso. Nella nostra scala di valori non è mai comparsa questa parola sulla cui origine antropologica, storica e religiosa potrei annoiarvi per molte altre righe. Il mio ateismo e materialismo marxista poi, spogliano la realtà di ogni infingimento. Nella vita adulta però, ci si scontra con problematiche concrete a cui bisogna dare risposte altrettanto concrete, in un Paese in cui i diritti civili vengono dopo i dogmi ecclesiastici, gli interessi politici fortemente legati alla Chiesa Cattolica, il rispetto delle minoranze religiose e della laicità dello Stato sono articoli della Costituzione di fatto disattesi. Così, ci siamo guardati in faccia, io e Matteo, abbiamo affrontato il tema dei bisogni, delle tutele, della realtà fattuale e del contesto storico nazionale e ci siamo detti: perché no, se per essere una famiglia dobbiamo mettere questa firma, ci conviene sposarci.
È iniziato così, in maniera assai poco romantica e quasi scanzonata. I sei mesi di preparazione all’evento, vuoi per le questioni burocratiche, vuoi per altre faccende più frivole e divertenti, si sono caricati di significati, averli condivisi ha dato un altro sapore alla vicenda, abbiamo aggiunto consapevolezza e profondità a una scelta razionale, ma distaccata. In altre parole, l’ansia e l’emozione si sono affacciati, togliendoci il sonno, oltre al tempo libero.
Significati, ecco, appunto. Abbiamo voluto un matrimonio che ci assomigliasse, sobrio, ma elegante, senza eccessi e senza esibizioni, curato infine, per portare ai nostri invitati sardi la bellezza e ricchezza culturale berica: un matrimonio veneto, nel senso che abbiamo scelto di sposarci nella terra che ci ha accolto e dato la possibilità di esprimere il nostro valore, investito nelle nostre intelligenze, dove abbiamo potuto pensarci in prospettiva.
Ecco, niente proposta in ginocchio e solitario, niente abito bianco e bomboniere. Se riempi il tutto dei nostri significati, perché nostra è la festa, allora non potevamo che scegliere una cerimonia civile, il Comune di Vicenza e il bel Palazzo Trissino che lo ospita, con la suo Salone degli Stucchi, un amico vicentino a celebrare, abiti importanti e ricercati, comunque senza eccessi, trucco e parrucco, di cui credo di aver recuperato poi un quintale di forcine, anelli di tipo classico, secondo la teoria di Matteo che le cose più importanti sono le più semplici, pranzo in un mulino del ‘500, restaurato e diventato un ottimo ristorante di cucina tipica vicentina.
Unico simpatico capriccio, il maggiolone vintage, curioso e bello da vedere, quanto complicato da guidare!
E ora, eccoci, marito e moglie, strano a dirsi anche per noi, come quando lo si è in qualche modo sempre stati e allo stesso tempo non si è mai ritenuto di doverlo essere. Tutto è esattamente come prima, esattamente come tutto è cambiato. S.C.