Onde (un pianoforte, la pioggia, macerie di un Impero)
Verona, 28 luglio 2014
A quale oceano appartieni,
tu che fosti risacca,
schiuma,
che di onda in onda m’avvolgevi
per un istante soltanto,
e spietata ti ritraevi?
Un poco alla volta mi trascinavi via,
io che vivevo di attese,
e mi lasciavo consumare
nel tuo abbraccio
che subito s’increspava d’assenza, separazione, distanza.
Abbandono.
Ho lasciato fossi tempesta
perch’io diventassi scogliera,
indurita, arida,
e in questa conca ti ho conservato.
Ora,
ti farò asciugare al sole
perché tu possa tornare marea.
Stefania Calledda
PS: L’Arena di Verona si riempie, sul palco si dispone l’orchestra e davanti a tutti il pianoforte a coda per Einaudi. Piove, diluvia bagnandoci tutti, ma se chiudo gli occhi riesco a distinguere gli strumenti, uno per uno, la pioggia e i tuoni, lo scrosciare dell’acqua su ogni cosa, il suo battere sugli ombrelli e sulla plastica che ci avvolge. Poi smette improvvisamente, siamo fradici, inzuppati fino alle ossa, ma non avvertiamo alcun disagio, è la magia di questa serata indimenticabile. Avrei bisogno del mio taccuino per scrivere, appuntare versi, ma la condizione non lo permette, così memorizzo, le parole si dipanano tra i pensieri, quando li scrivo, i versi sono già compiuti. E alla fine una sorpresa che entusiasma l’Arena, musici in costume medievale veronese uniscono i loro tamburi all’orchestra. Chi è veneto lo sa, ci sono delle cose che bisogna vivere una volta nella vita, come farsi inzuppare dall’onda generata da un motoscafo a Venezia, salire sulle 5 Torri, mangiare pesce a Chioggia e prendere il caffè al Pedrocchi di Padova, commemorare i caduti sull’Altipiano di Asiago etc. Non può mancare, perciò, subire il diluvio universale per non perdere un concerto all’Arena di Verona.