Stamina, ovvero dell’inaccettabile

035120187-019d7101-06c9-4280-beac-dce9eab85560Avrei voluto scrivere un asettico articolo dal taglio giornalistico, ma questo mi avrebbe impedito di cogliere quelle sfumature personali che mi appartengono come soggetto in causa.

Ho atteso la puntata di Presa Diretta, la trasmissione di Riccardo Iacona, dedicata interamente al caso Stamina, perché immaginavo che avremmo potuto assistere a un momento di altissimo impegno di giornalismo d’inchiesta, come infatti è stato. Ho personalmente ringraziato la Redazione del programma con una lettera in cui però ho ricordato che il mondo della Ricerca e della Scienza non sono illibati e che è compito di tutti riconoscerne i limiti e le contraddizioni per il progresso effettivo dell’umanità.

Fatte queste premesse, inizierò con il raccontare un aneddoto significativo.

Sul piccolo schermo vanno le immagini di Che tempo che fa, Fabio Fazio sta intervistando Anna Marchesini, un’attrice che amo molto. Mi soffermo, mi accomodo sul divano e fisso la Marchesini adombrandomi, scossa da una profonda inquietudine: il peggioramento della sua malattia le scava il viso, l’ha consumata pur nella sua grazia intellettuale. Il mio compagno mi si avvicina e mi chiede stupito: “Perché sei diventata improvvisamente così cupa?”. La mia risposta è carica di tensione, triste e allo stesso tempo rabbiosa: “Possibile che l’uomo vada su Marte e non riesca a curare malattie come la sua, la mia. È inaccettabile, inaccettabile!”.

Ecco, l’inaccettabilità è la chiave, io credo, per comprendere i comportamenti a volte squilibrati, certamente emotivi, i toni complottistici e aggressivi con cui si riempie quello spazio nullo, in cui la Scienza non riesce a dare risposte. In una Società dove a ogni starnuto c’è la pillola che mette le cose a posto, il senso comune non riesce a comprendere come sia possibile un’impotenza così cruda verso uno stato di sofferenza.

Ovviamente, non c’è solo questo, in quel vuoto c’è molta solitudine, abbandono, disperazione. I malati sono spesso lasciati soli, dalle istituzioni, dalle associazioni, e diciamocelo, sopravvivono in una società che li rifiuta, che non è pronta a considerare la morte e la malattia nel frenetico dispiegarsi della quotidianità. Sacche di prostrazione si sviluppano a lato del quieto vivere generale. La Ricerca fa passi da gigante, si dice, ma la clinica, la realtà effettiva dei malati, si attesta, barcamenandosi tra burocrazia e tagli all’assistenza.

E anche tutto questo è inaccettabile. Inaccettabile.

È in questo spazio d’inaccettabilità disperata che i Vannoni di turno proliferano. È una pesante sconfitta sociale, laddove si riscontra un problema culturale enorme di ignoranza scientifica, che è anche latitanza delle associazioni dei pazienti che preferiscono atti di fede o spudorate tifoserie per quella o quell’altra parte in campo, come fosse una partita o una disputa elettorale, radicalizzando il conflitto. Una solitudine e un analfabetismo scientifico che accompagna la vita di troppi sofferenti, disorientati e fragili.

Anche tutto questo è inaccettabile. Ciarlatani con la bacchetta magica che cura tutte le malattie riescono a tendere la mano in quel vuoto terribile perché nessun altro, prima di allora, era stato capace di tenderla. Credo che abbiamo molto da riflettere, da capire, quando accadono questi fenomeni, e lungi da lanciare accuse nel mucchio, penso che nessuno di noi possa sentirsi assolto. S.C.

 

PS: prossimo post sulla ricerca sulla CCSVI, che tanto lo so che volete leggerlo.

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