Ka-Tet: sperimentazioni tra dissonanze musicali e politiche
Il testo che presenta l’ultimo progetto musicale del mio compagno Matteo è scritto da me. Ne ho molto apprezzato le sonorità, per cui faccio i complimenti a tutti i tre produttori. Faccio suonare la loro musica nello stereo dell’auto, tutti i giorni mi accompagna nei miei consueti tragitti: ci stanno bene, quella giusta carica quotidiana che faccio seguire all’ennesimo caffè. Bravi, bravi davvero. Ottimi i rimandi ideologici, fondamentalmente li condivido, con quell’eco piacevole ai discorsi di Ernesto Che Guevara all’ONU, la sua voce, perentoria e vibrante, il suo moto rivoluzionario. Consigliato, e non perché ci ha lavorato Matteo, perché è davvero gustoso, se per un attimo destiniamo le papille gustative all’orecchio, provate dunque ad ascoltare. S.C.
“Noi siamo Ka-tet. Siamo uno da molti” scrive Stephen King in “La torre nera”. Ka-tet dunque, ovvero un gruppo di persone unito dal destino, come è accaduto ai tre fondatori del progetto: Detox (Diego Faggiani –Bologna), Monom3 (Omar Barcali – Enschede) e ZapaN (Matteo Pisanu – Vicenza).
Nessuna linea di demarcazione, nessun confine geografico, tanto meno purismi melodici, soltanto un fil rouge di critica sociale, sapori post moderni, radicamenti Hip Hop/Break Beat, suggestioni progressive e digressioni all’Elettronica, all’interno di un contesto dissonante che tiene teso l’orecchio in attesa di un’improvvisa svolta, lungo una trama sonora non sempre decifrabile.
Il tutto arricchito dalla voce calda di Amina Abdel, le dita pungenti di Alex Trebo (tastierista dei Mop Mop) e infine le prodezze dei Blatters (campioni di Turntublism).