Che tristezza!

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È veramente triste assistere alla caduta di stile di due genetisti di alto livello, che approfittano di un articolo sulla genetica nella sclerosi multipla per attaccare l’ipotesi della CCSVI, su Nature persino, un articolo che non aggiunge nulla su quello che già sappiamo, appiccicando a sputo queste conclusioni, ricordandoci che l’ipotesi autoimmune contrasta con quella della CCSVI, cosa non del tutto vera se consideriamo che l’aspetto immunitario è solo secondario ad altri fattori, come ci ricorda un premio Charcot come Prineas, che finora vengono individuati in batteri, virus ed altri agenti esterni di questo tipo.

Sono decenni che si brancola in questo vicolo cieco, mentre ai malati di sclerosi multipla non cambia una virgola, anzi, si aggiungono farmaci sempre più tossici e ad alto rischio, mentre sulla progressione della malattia non si è capaci di agire. In Sardegna, siamo condannati a questa visione delle cose, perché specializzandosi in studi genetici, non rimane che accodarsi a quest’approccio chiuso da cui, nonostante l’evidente stallo, non si vuole uscire.

 

Poi Ashton Embry commenta l’articolo definendolo pura propaganda, e del resto è difficile usare altri termini mentre “spuntano come funghi” (espressione usata per segnalare il fastidio rispetto alla nascita di numerose associazioni di pazienti) articoletti contrari alla CCSVI, dove vengono arruolati 20-30 pazienti rilevando di volta in volta che la CCSVI non ce l’ha nessuno, non esiste, oppure che ce l’hanno un po’ tutti: insomma, anche tra i detrattori bisognerebbe che si mettessero d’accordo perché altrimenti questi studi valgono come carta straccia, ma in compenso questi gruppi di studio non hanno perso l’occasione per dire che “fanno anche loro parte della cricca”.

Fino a poco tempo fa, in Italia, sembrava che la CCSVI non si trovasse solo a Padova, poi è venuto fuori Avruscio, la cui replica non è stata ovviamente nominata al Convegno di Oristano, e improvvisamente anche a Padova la CCSVI è comparsa sulla scena. Cosa volete che dica io allora, che ho visto la documentazione di un paziente che riportava la diagnosi negativa di Baracchini, fatta in privato, e altre 4 diagnosi positive effettuate per mezza Italia in ospedali pubblici. Cosa volete che commenti, quando sono stata trattata in un ospedale pubblico che in venografia ha rilevato le stesse problematiche che al doppler erano già state segnalate in un’altra sede ed occasione. Trattata, oltre tutto, da uno che a Ferrara non c’è stato nemmeno in villeggiatura, che al nominare di Zamboni risponde “è lui che deve imparare da me”. A cosa ci vogliamo attaccare, dunque.

 

È triste, veramente triste, per noi pazienti, che il dibattito scientifico sulle riviste più importanti, cada così in basso, che diventi una diatriba futile; e allora la nostra associazione ha scelto di non pubblicare né lo studio genetico, né la replica di Embry, perché francamente a un malato non gliene può fregare di meno, perché questo vicendevole scannarsi della comunità scientifica per chi soffre ogni giorno è paragonabile al nulla, al vuoto che lo circonda quando lamenta sintomi dolorosi e invalidanti a cui si continua a rispondere con pasticche o gocce, di cui si sa l’inutilità, ma ci si attacca a uno sperato effetto placebo. E allora, io che dopo l’angioplastica non ho più sofferto di astenia, di mal di testa, di disturbi del sonno, come mi devo comportare di fronte alle persone che vengono da me a lamentarsi, imbottiti di carnitina come bodybuilder, o di antiepilettici e benzodiazepine, cosa volete che dica? Posso solo rispondere che dobbiamo aspettare che la comunità scientifica smetta di scannarsi, che finita la gara a chi è più splendido, a chi pubblica più articoli e sulle riviste più importanti, ci si ricordi che ai propri pazienti non è cambiato nulla.

Che miseria, che tristezza. S.C.

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